Il percorso di cura del paziente oncologico con dolore

Il percorso di cura del paziente oncologico con dolore

Intervista al Prof. Franco Marinangeli, Direttore Scuola di Specializzazione in Anestesia, Rianimazione, Terapia intensiva e del Dolore, Università dell'Aquila, Responsabile dell'Hospice "Casa Margherita" dell'Aquila.

Professore, insieme ad altri colleghi ha contribuito alla stesura del documento della Regione Abruzzo sul percorso diagnostico terapeutico assistenziale per il paziente oncologico con dolore. Il documento, frutto del consenso e della condivisione di medici di famiglia, pediatri di libera scelta, oncologi e anestesisti/terapisti del dolore/palliativisti, insiste su due aspetti in particolare: la necessità di una effettiva gestione interdisciplinare del paziente che non deve mai sentirsi abbandonato e i limiti delle linee guida OMS per il trattamento del dolore oncologico, la scala a tre gradini. Partiamo dalla gestione multidisciplinare.

In effetti, la difficoltà di interazione tra i vari specialisti è uno dei maggiori problemi per il malato oncologico. Ci troviamo di fronte a un sistema a compartimenti stagni: nelle fasi iniziali della malattia il paziente si affida al medico di famiglia, poi lo specialista oncologo diventa il punto di riferimento centrale. Se la patologia, fortunatamente, regredisce, il problema dolore viene meno, ma nel caso di progressione e, successivamente, di terminalità, il riferimento dell'oncologo viene spesso meno, e il paziente rimane solo con il suo dolore. Per questo è importante l'interazione degli specialisti, peraltro in alcuni casi difficile laddove il paziente venga seguito per il problema oncologico lontano dalla sua residenza abituale (l'oncologo difficilmente in questo caso può interagire con MMG e con terapista del dolore presenti nall'area di residenza del paziente).
Persistono anche alcuni retaggi culturali per cui, anche se il paziente viene curato sempre nella stessa struttura o nella stessa ASL, di fatto difficilmente lo specialista interagisce attivamente con altri per trovare soluzioni ai problemi che via via si presentano, ciò nonostante la legge 38/2010. L'atteggiamento dei medici è comprensibile, anche se oggi metodologicamente errato.
Statisticamente una parte dei pazienti andrà incontro a una fase sintomatica di malattia, con oggettivo bisogno di interazione tra specialisti. È necessario prendere atto di questa realtà.
Una gestione multidisciplinare, in grado di dimostrare al paziente che il suo caso è stato analizzato con cura e secondo scienza e coscienza, lo fa sentire al centro dell'attenzione. Ciò alimenta maggiore fiducia nei sanitari, ed evita ciò che spesso accade, l'esodo dei pazienti verso altre realtà sanitarie.
Il paziente non "appartiene" al singolo specialista, va accompagnato in un percorso protetto, che tenga conto dei vari disagi che deve affrontare, logistici, psicologici, organizzativi.
La problematica del dolore è vissuta dal paziente come fallimento della cura e aggravamento della malattia, e spesso lo induce a perdere fiducia nelle cure.
Peraltro, un'interazione corretta e precoce tra professionisti significa gestione ottimale del sintomo dolore, con minore rischio di "memoria del dolore", intesa come predisposizione fisiopatologica a fenomeni amplificatori del sintomo.
Occorre gettare le basi per una risposta a tutti i bisogni di cure anche nelle fasi successive, fino, se necessario, a quella terminale.
Uno dei problemi rilevati attualmente nella regione Abruzzo, è la tardiva comunicazione della prognosi e la tardiva presa in carico nella rete della terapia del dolore e delle cure palliative. Questo PDTA deve servire a favorire un maggiore dialogo tra i professionisti ma anche con il paziente.

Focalizziamo ora l'attenzione sul trattamento del dolore. Nell'introduzione al documento si dichiara che la scala OMS a tre gradini rappresenta una "guida" ma non rappresenta la soluzione per la maggior parte dei pazienti. Può spiegarci meglio?

Nella terapia del dolore ogni paziente è diverso da un altro. La terapia va quindi personalizzata e adattata, dopo un'accurata valutazione, lungo tutto il percorso. A differenza di quanto suggerito dalla scala a tre gradini, in certi casi è opportuno associare un oppioide forte a uno debole, oppure prescrivere oppioidi forti già in fase iniziale di dolore. La disponibilità di farmaci e dispositivi innovativi (per es. i farmaci per il dolore episodico intenso) ha migliorato le possibilità di trattamento del dolore in questi ultimi anni. Nel documento questa è la reinterpretazione della scala a tre gradini OMS:
1. opportuna valutazione del dolore, con scale e metodiche validate per una caratterizzazione quantitativa e qualitativa del dolore (somatico, viscerale, neuropatico, nocicettivo, misto, di base, episodico intenso, ecc.);
2. valutazione continua del dolore, educando anche il paziente all'autovalutazione e all'utilizzo di strumenti che lo aiutino nella valutazione;
3. disponibilità a incontri ravvicinati e al bisogno con il MMG e con il terapista del dolore per adeguare la terapia alla variazione dei sintomi (il paziente non deve aspettare più di tre giorni per avere una risposta al suo dolore);
4. capacità di personalizzare la terapia anche in deroga alle linee guida, se non assicurano risultati adeguati;
5. capacità di valutare l'opportuna via di somministrazione dei farmaci, tenuto conto della patologia e delle preferenze del paziente;
6. registrazione precoce delle condizioni cliniche del paziente con apposita scala ESAS per valutare ansia, depressione, sonnolenza, fatica, benessere;
7. possibilità di accedere al centro Hub di medicina del dolore per le metodiche invasive più complesse.
Vorrei infine ribadire come la formazione e l'aggiornamento dei Medici sulla terapia del dolore siano fondamentali (trattandosi di un problema trasversale) e debbano essere garantiti al medico di famiglia, al pediatra, all'oncologo. L'algologo/palliativista non deve essere esclusivista della gestione della terapia del dolore, ma quando un collega ha necessità di un supporto o non riesce a gestire una situazione deve garantire una presenza immediata ed efficace.

a cura di Lorenza Saini

25 luglio 2015

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