Cosa succede all’ombra del COVID-19?
Guerra di virus, guerra di farmaci? Teorie le più varie si confrontano e nascono come funghi, alcune sembra abbiano dimenticato le evidenze scientifiche frutto di anni di ricerca e di applicazione clinica. La disperata ricerca di farmaci efficaci contro il Covid 19 ha sperimentato l’efficacia di farmaci per altre patologie, ma improvvisamente altri farmaci vengono criticati, se non demonizzati. La prossima pandemia sarà quella che colpirà i malati di dolore cronico presenti da sempre in tutto il mondo? Cosa accomuna analgesici e COVID-19?
Può capitare, in un momento di grande confusione, che vengano avanzate ipotesi di vario tipo, o addirittura da poter definire “complottiste”. Si pensi all’ipotesi che la Melinda and Bill Gates Foundation possa aver finanziato un laboratorio di ricerca sui virus, con sede a Wuhan, città da cui sarebbe originata l’incredibile e drammatica pandemia che stiamo vivendo. Prova ne sarebbe un video realizzato dallo stesso Bill Gates alcuni anni fa, in cui denunciava il pericolo di questi nemici invisibili: i virus.
Ma non è di questo che vorremmo parlare. Vorremmo, invece, attenerci all’argomento che ha dato vita alla Fondazione Paolo Procacci e che ha affascinato noi per molta parte della vita: gli analgesici, farmaci che rappresentano un presidio terapeutico imprescindibile per curare i pazienti con dolore. A questi ultimi la Fondazione Procacci ha dedicato gran parte delle proprie energie. Quindi, è comprensibile che le loro sorti ancora ci interessino da vicino. Vi starete chiedendo cosa accomuni analgesici e COVID-19. In realtà, se non lo si fa artatamente, è difficile trovare dei legami.
Uno lo ha trovato l’Alta Politica della Repubblica Francese che con una dichiarazione a sorpresa ha sollevato il coperchio di un “vaso di Pandora”. È accaduto una settimana fa, quando un Ministro ha chiaramente espresso la sua opinione sull’uso degli anti-infiammatori e anti-febbrili per combattere le infezioni virali, che potrebbe aggravare le infezioni da COVID-19. Una opinione tanto blasonata è stata subito rimbalzata dalle più importanti testate della comunicazione di massa, e un articolo su Le Figaro Sciences titolato a effetto: “Coronavirus: allerta su ibuprofene e altri anti-infiammatori” ha scatenato una virale (mai espressione fu più appropriata) discussione che ha fatto il giro del mondo in molto meno di 24 ore. L’ipotesi, davvero peculiare, è stata sostanziata anche “scientificamente” da una “Correspondence” pubblicata su Lancet Respiratory Medicine. Non entriamo nella scientificità di quest’ultimo articolo, ben lungi dal poter essere dimostrata. Soffermiamoci sull’articolo di Le Figaro e alle dichiarazioni del Ministro, con cui si è ritenuto di dover demonizzare corticosteroidi e FANS (con particolare attenzione all’ibuprofene) e suggerire di preferire a tutto questo il paracetamolo. L'assunzione di farmaci antinfiammatori (ibuprofene, cortisone ...) potrebbe essere un fattore di peggioramento dell'infezione, ha dichiarato Olivier Véran, Ministro della Salute del governo francese, in un tweet di sabato 14 marzo, indicando solo l'assunzione di paracetamolo in caso di febbre, in quanto, - come dichiarato da Jérôme Salomon, direttore generale della Sanità, sarebbero stati segnalati gravi eventi avversi correlati all'uso di farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) in pazienti con COVID19, casi possibili o confermati.
E’ partita quindi una campagna virale "Evita ogni automedicazione", con antifiammatori, che ha fatto passare in sordina la seconda raccomandazione: non vanno sospesi per le patologie croniche, non in presenza di febbre. Infatti, leggendo l’articolo, senza fermarsi al titolo e alle prime righe si legge che “Le informazioni si basano al momento solo su osservazioni fatte in pazienti ricoverati in terapia intensiva. I medici riferiscono che "dosi massicce di FANS" sono state prese in particolare da soggetti giovani e senza comorbidità, con forme gravi della malattia. Tuttavia, non è noto se i pazienti con forme gravi abbiano assunto più FANS rispetto ad altri: questi prodotti sono ampiamente utilizzati nell'automedicazione... le autorità sanitarie valuteranno anche i pazienti con forme meno gravi e che hanno assunto FANS. È difficile sapere, scrive l’autore dell’articolo, se questi farmaci sono realmente coinvolti nelle forme gravi. E poi aggiunge dati sul numero di scatole di ibuprofene venduti ogni anno in Francia, i noti effetti avversi in caso di infezioni, eccetera.
Una comunicazione di questo tipo che impatto può avere su di un’opinione pubblica impaurita e frastornata dalla pandemia?
Con il dovuto rispetto per le Istituzioni Pubbliche, ci siamo infatti chiesti se le conseguenze di tali dichiarazioni siano state valutate con attenzione. Ad esempio, queste superficiali esternazioni che effetto possono avere su poveri malati con dolore cronico, curati da anni con FANS, e che in questo momento (come tutti) sono terrorizzati dalla potenzialità di ammalarsi a causa del Coronavirus. Ci siamo anche chiesti che tipo di effetto potesse essere scatenato su milioni di cefalalgici che da anni curano i loro attacchi di dolore con farmaci da banco contenenti FANS o ancor più specificatamente ibuprofene. Poi, però, gli aspetti socio-sanitari sono passati in seconda linea e lo spirito di ricerca, che ci pervade ha preso il sopravvento. Abbiamo immaginato che il Ministro avesse fatto quelle dichiarazioni sulla base di informazioni scientifiche che ci erano sfuggite, e abbiamo cominciato subito una ricerca dettagliata sui principali motori di ricerca a disposizione. Niente. Non siamo riusciti a trovare nulla, proprio nulla, che potesse avvalorare le ipotesi buttate in pasto ai media.
A lato di questo, abbiamo tentato di inviare una lettera all’Editor in Chief di Lancet Respiratory Medicine, con cui contestavamo le asserzioni (con importanti argomentazioni) della loro “Correspondence” a firma di Fang et al. Inutile dire che, con molto garbo e per ovvi motivi di spazio, non è stata ospitata. Il nostro interessamento all’argomento è restato vivo per tutta la settimana e ne abbiamo visto delle belle che cercheremo di riassumere nei prossimi giorni. Per ora, ci accontentiamo del piacere di poter comunicare con voi, lettori di questo sito, e di chiedere la vostra opinione sull’argomento. Infatti, esso è senza dubbio di interesse per i Medici del Dolore che si stanno confrontando con una situazione decisamente difficile, in cui si ha bisogno di dati precisi e utili, piuttosto che di opinioni destituite di ogni fondamento scientifico.
Giustino Varrassi
Presidente Fondazione Paolo Procacci
22 marzo 2020